Presentata lo scorso 8 gennaio dal viceministro per lo sviluppo economico Catricalà la prima bozza del “Codice di Autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del Cyberbullismo“. Basterà a limitare questo odioso fenomeno del web?
Secondo Save the Children, il cyberbullismo è percepito dal 72% degli adolescenti italiani come il fenomeno sociale più pericoloso degli ultimi anni. La vittima è presa di mira di solito da coetanei, o comunque da ragazzi con poca differenza d’età. Le ragioni che spingono i bulli a scegliere proprio quella persona sono diverse: può essere un compagno di classe timido ed introverso (come nel recente e consigliato film “Disconnected”), un coetaneo di un’altra etnia, la ragazza più carina della classe o ancora l’adolescente con una diversa identità sessuale.
I cyberbulli agiscono in più modi: possono arrivare ad appropriarsi dell’identità della loro vittima, pubblicandone messaggi privati ed email personali in modo che chiunque possa vedere i fatti privati della persona presa di mira, possono creare profili fake sui social per attirare la vittima (e poi deriderla) oppure perseguitare il compagno con sms ed email minacciosi. Altre modalità sono quella di tormentare qualcuno attraverso il suo profilo nei social o quella di creare apposite pagine denigratorie ed offensive, pubblicando magari anche qualche video o foto imbarazzante della vittima.
Per arginare questo odioso fenomeno che ha già procurato più di un suicidio (in Italia si ricorda il caso della quattordicenne Carolina), il viceministo Antonio Catricalà ha presentato una bozza per la creazione di un “codice di autoregolamentazione”. Scritto con l’aiuto tra gli atri dei rappresentanti del Mise, della polizia postale, del garante della privacy e di Microsoft e Google, consiste nel contrastare il fenomeno facilitando gli utenti nella segnalazione di atti di bullismo con appositi tasti ben visibili e nella lingua scelta dall’utente. Verrebbero inoltre resi disponibili anche strumenti per la rimozione in tempo reale dei contenuti incriminati, usufruibili dagli operatori qualificati che si occuperebbero di verificare le segnalazioni (avrebbero fino a due ore per vedere di cosa si tratta ed eventualmente oscurare anche solo temporaneamente i contenuti incriminati). La collaborazione con le autorità competenti sarebbe indispensabile per arrivare a chi posta materiale offensivo o lesivo per la vittima. Parte integrante del testo prevede inoltre la realizzazione di campagne informative per far capire ai nativi digitali quali sono le situazioni a rischio quando si usano i social o si chatta con sconosciuti.
La proposta sembra buona, tuttavia ci rimangono alcune domande: chi verrebbe preposto per la verifica delle segnalazioni? Come farebbero a formare e scegliere il personale da adibire a tale mansione? Se il sistema di autoregolamentazione sul cyberbullismo non è chiaro fin da l’inizio, quali linee guida verrebbero rispettate? Un semplice diverbio tra due utenti potrebbe essere ingiustamente censurato? Al momento, inoltre, si sa che in caso di errore da parte del personale qualificato, l’azienda non sarebbe certo sanzionata, bensì riceverebbe solo un richiamo.
Per quanto mi riguarda ritengo che il codice sia il primo passo per rendere perseguibile il cyberbullismo, questo deprecabile fenomeno. Tuttavia, visto che sul sito del ministero per lo sviluppo economico si possono suggerire altre proposte (si ha tempo fino al 14 febbraio), spero venga migliorato e non rimanga così “nebuloso”.