Ciao a tutti, torno finalmente a scrivere, e mi riprometto di farlo con regolarità, se non fosse altro per stare al passo con i miei colleghi qui sul blog di Artera che vedo più attivi di me! Il post di oggi prende spunto dall’ultimo annuncio relativo al sistema di casa Google, Chrome OS; ancora nulla di ufficiale e “downloadabile”, ma un evento organizzato da Google negli scorsi giorni con cui la compagnia ha delineato le sue intenzioni.
Partiamo da un concetto: Google Chrome OS è un sistema operativo limitato. Lo è nell’applicazione, dato che Google lo ha pensato per i netbooks e lo è nelle sue peculiarità: non siamo di fronte all’ennesima sfida sul fronte Microsoft e Apple, ma piuttosto davanti ad un prodotto che porta con se l’esperienza di un gruppo che vede questo settore come meglio sa fare, in ottica web. Tralasciando quel che Chrome OS porta con se sul fronte tecnico (linux based, partizione root read only, due dei dati che potrebbero interessarvi per approfondire), è utile capire cosa Google intenda quando parla di un sistema che sarà accessibile e utilizzabile al 99,99% online, ovviamente sui server Google. Oggi sappiamo che:
- Chrome OS sarà sincronizzato con i server Google
- Invierà dati e immagini periodiche dei dati sul nostro netbook alla cloud di Google
- Cripterà i dati al suo interno
- Avrà accesso a webapps, ovvero niente software come lo conosciamo oggi
Questi dati sono sufficiente per capire che Google ha realizzato un prodotto interamente basato sui propri servizi, dove due sono i concetti chiave: le applicazioni web, come Google Docs, sono le uniche utilizzabili, e tutti i nostri dati, utilizzati o meno da queste ultime, saranno disponibili a Google. Vorrei evitare il solito discorso sulla sicurezza del cloud computing, e sulla privacy relativa ai nostri dati, in fondo, io stesso affido decine di email a Gmail (non di lavoro, almeno quello!) e permetto che mi venga fornita pubblicità contestuale per quel che vi scrivo all’interno!
Vorrei invece soffermarmi sull’ottica cloud in cui nasce Chrome OS: da parte di Google ciò significa un incremento notevole delle proprie risorse hardware e dei propri data center, per di più con una copertura capillare del pianeta per fornire un servizio ottimale a tutti i clienti, da parte degli utenti significa avere un approccio completamente online, molto simile sul fronte dell’utilizzo, a quello che possiamo ottenere oggi con una infrastruttura VDI (Virtualization Desktop Infrastructure): mi collego da un thin client (il netbook qui) e ho tutti i dati nel data center, se sono offline sono parzialmente limitato nel mio lavoro, ma so che appena avrò nuovamente accesso alla rete potrò sincronizzare i dati e avere accesso ad altri software. Si tratta ovviamente di scenari diversi, ma che condividono due concetti fondamentali, almeno per Google:
- Devi accedere alla rete per avere accesso al 100% dei tuoi dati e del software
- Noi, Google, ci occupiamo dei tuoi dati, tu preoccupati del resto
Un ottica di cloud computing che rispecchia quel che Google desidera: gli utenti devono passare più tempo sui suoi siti e devono lasciare il maggior numero di dati possibili in mano alla sua struttura. Ma quanti utenti sono disposti ad avere un device che consenta loro di accedere solamente a determinati servizi, di avere i propri dati solo dove viene deciso da altri? Consiglio la lettura dell’articolo di InfoWorld per una panoramica chiara. Alla prossima puntata, in quella parlerò di cloud computing e ICT, cosa ha mostrato fino ad oggi questa tecnologia, per Google e per le altre compagnie.