L’Europa continua a bacchettarci per i ritardi accumulati rispetto all’impegno dell’Agenda Digitale e per i mancati interventi, mentre le forze politiche fanno proclami a cui sembra non seguire una reale fattività.
L’Italia Digitale, che dovrebbe essere già qui e non lo è, si ritrova con prodotti scadenti come il portale Verybello.it, il sito degli eventi culturali e turistici dell’intera penisola, che ha una scarsa presenza social (l’ultimo post su Facebook risale al mese di gennaio), una pessima navigabilità ed è solo in due lingue, italiano e inglese (con una traduzione che fa acqua da tutte le parti).
Questa è l’immagine che ritrae meglio l’Italia Digitale, questo enorme barcone che si trova a dover fronteggiare le maree di parole e proclami che vengono rilasciate di giorno in giorno, a cui non segue mai un attracco sicuro.
E Verybello.it è solo l’apice di tutta una situazione che mostra come i governi che si sono succeduti siano stati incapaci di progettare e programmare l’avanzata del paese dal punto di vista digitale.
Manca un’adeguata connettività
Siamo in ritardo sulla banda larga e per quanto la media della connessione italiana sia in linea con le statistiche mondiali, in realtà ci sono ancora interi paesi sottoposti alla strozzatura dei piani di accesso da 640 kbit in download (teorici!) che hanno avuto la fortuna, se così si può chiamare, di non restare completamente privi di ADSL grazie a un piano che viene definito anti-digital divide.
Si scopre poi che il digital divide è anche nelle grandi città dove gli operatori promettono connessioni a 100 Mbit al secondo e nelle periferie dove si concentrano anche i distretti industriali, le cui aziende sono costrette, giorno dopo giorno, a fare i conti con un’infrastruttura di accesso davvero vetusta.
Ci si salva allora la faccia e si cerca di puntare sull’Italia Digitale facendo piovere i fondi per laposa dei cavi in fibra, cercando di aiutare le imprese telefoniche private, che invece di generare valore per l’intero paese, guardano solo al profitto sul brevissimo termine, andando a investire solo lì dove sono certi raccoglieranno un sufficiente bacino di abbonati. E il peggio è che spesso questi fondi sono affidati a mani poco esperte, che non comprendono il valore tecnologico dell’investimento né l’importanza strategica.
Poi, si parla di rivoluzione mobile e dell’opportunità di coprire le zone prive di investimenti infrastrutturali tramite rete fisica con stazioni radio capaci di supportare la quarta generazione cellulare, il 4G che promette di volare sul web anche dallo smartphone, per poi scoprire che il segnale è ballerino, copre solo i centri città e scompare nel nulla non appena ci si muove di pochi chilometri.
L’Italia Digitale secondo il presidente Assintel
E a dirlo non sono solo io. Ecco cosa sostiene il presidente di Assintel, Giorgio Rapari, in un’intervista rilasciata ad AgendaDigitale.eu:
“Questo è forse il miglior governo che abbiamo mai avuto in termini di comunicazione politica, e proprio per questo il gap rispetto alla realizzazione di quanto annunciato è profondo. Il piano per una vera Italia Digitale non c’è, alcune cose sono state fatte, altre abbozzate, ma vedo una strada ancora lunga e faticosa, purtroppo. Se penso a cosa è accaduto ad AgID, alias DigitPA, alias Cnipa negli ultimi anni, sono senza parole. I continui cambiamenti, organizzativi e politici, a cui abbiamo assistito hanno determinato l’impossibilità di progettare e soprattutto portare a termine concrete politiche di digitalizzazione. Eravamo riusciti a intessere un primo grande lavoro relazionale e operativo con l’Agenzia, culminato nell’Osservatorio sulle Competenze Digitali. Poi l’allontanamento di Agostino Ragosa ha comportato uno stop, a cui è seguito un lento riavvicinamento con Alessandra Poggiani. Tutto ciò crea discontinuità, perdita di tempo, di lavoro e di efficacia, e soprattutto lascia le imprese disorientate e sfiduciate.”
Aggiunge un forte rammarico per la mancanza di un coordinamento normativo per l’Italia Digitale, che dovrebbe essere accompagnato dalla capacità di “avere nei tempi giusti i giusti decreti attuativi, avere una strategia di realizzazione verso il basso e avere chi controlli la loro attuazione concreta. Insomma avere un piano strategico e operativo di sistema e di una vera governance.”
Gli errori dell’Italia Digitale
Non manca poi di sottolineare gli errori già commessi nella corsa verso l’Italia Digitale e da imprimere nella memoria per evitare che si ripetano:
“Così com’è congegnato, [Spid, ndr] impedisce alle piccole e medie imprese italiane del comparto ICT di far parte del sistema di servizi connessi alla nuova (e positiva) identificazione delle identità digitali, che è il perno dell’architettura che dovrebbe regolare i rapporti tra cittadini digitale e Pubblica Amministrazione. La presenza di un capitale molto elevato per esercitare tutte le attività di identificazione, infatti, determina l’esclusione dal mercato dei servizi digitali ad essa connessi di tante piccole e medie aziende italiane che già vi operano. Ecco la ragione per cui siamo stati costretti a fare ricorso al Tar. Chiediamo di essere considerati prima che vengano prese decisioni avventate, ritenute dalla struttura politico-organizzativa giuste senza averne spesso competenze tecniche nel merito. Basti pensare al turismo digitale. Il turismo è un asset fondamentale per il paese, sfruttarne la filiera con le nuove logiche digitali è imprescindibile, tanto più che siamo sotto Expo. Abbiamo partecipato ai lavori di #CameraConVision, abbiamo accolto con entusiasmo i lavori del TdLab. Abbiamo contribuito a creare il sistema di E015, che mette a disposizione in un ambiente standard e interoperabile i Big Data. Ebbene, di tutto questo qual è il risultato? Verybello.it. Siamo rimasti letteralmente senza parole: è l’opposto di tutto quanto fatto ed emerso e di tutto quanto sarebbe stato intelligente e innovativo fare.”
I suggerimenti per un’Italia Digitale reale
E poiché ogni critica è sterile se non ha carattere costruttivo, ecco le quattro azioni chiave che il presidente Assintel suggerisce per rimettere in carreggiata l’Italia Digitale:
- creare un’infrastruttura adeguata a banda larga;
- fare cultura digitale;
- favorire gli investimenti esteri nell’Italia Digitale;
- avviare un programma di investimenti ICT nella PA.
Secondo Rapari infatti è importante “creare un’infrastruttura di banda larga che consenta alle imprese di lavorare davvero sfruttando a pieno il Web e il cloud”. E lui, come credo tutti noi, si auspica che l’annuncio di pochi giorni fa dei 6 miliardi di euro per lo sviluppo della banda larga non sia un film già visto.
Poi bisogna fare cultura digitale: “Sono moltissime ancora quelle [imprese, ndr] che non percepiscono l’utilità della tecnologia e stanno perdendo il treno della competitività”.
Infine, bisogna favorire “l’arrivo di capitali esteri che investano sulle eccellenze dell’Italia Digitale”, nonché “avviare un programma anticiclico di investimenti ICT nella PA, ma non creando parallelamente un sistema di regolazione delle gare ICT della Pubblica Amministrazione, oggi caratterizzato da un’assurda corsa al ribasso delle tariffe che squalifica le competenze e la dignità dell’ecosistema dei piccoli fornitori. L’innovazione vera arriva e si diffonde grazie a loro, dobbiamo riuscire a tutelarli.”