Comunicare con i social network significa condividere, lo ripetiamo spesso. La condivisione di un contenuto è un’azione che parte dall’utente che decide se, cosa, quando e quanto condividere. Per questo motivo, spesso, durante i miei corsi di formazione mi soffermo sul concetto di privacy, netiquette e dinamiche comunicative.
Non bisogna essere monotematici, invadenti, ma attirare nel tempo l’attenzione del proprio target di riferimento. Il contenuto condiviso per essere vincente deve essere interessante (content is king, ricordi?) non per chi pubblica, ma soprattutto per chi legge. Allo stesso modo, chi gestisce e pubblica contenuti su una fan page pubblica ha il dovere di essere molto attento a quello che decide di condividere. Il fine, in questo caso non è solo personale, ma è orientato al business.
Esiste un limite morale in questi casi o è tutto lecito?
Se si vuole raggiungere un obiettivo online (che potrebbe essere l’aumento di fan e dell’engagement, la creazione di lead generation sul sito attraverso utenti convertiti grazie alle condivisioni sui social media, eccetera) tutto, ma proprio tutto, è lecito per centrare il target e il successo.
Ci riflettevo in questi giorni, durante l’ennesima scivolata social a cui ho assistito. Come saprai, purtroppo, la mattina del 28 dicembre il traghetto Norman Atlantic partito da Patrasso e diretto ad Ancona ha preso fuoco. Un incidente che poteva avere risvolti molto più tragici, ma che comunque ha provocato almeno tre vittime. Tra i tanti messaggi e tweet non è passato inosservato quello de ‘La Repubblica’.
La reazione della rete è stata (fortunatamente) di sbalordimento e la risposta che vedi è solo una delle tante che sono state inviate all’account de “La Repubblica”. Nei giorni seguenti è sempre stata “La Repubblica” ad essere al centro delle polemiche a causa di iniziative promozionali che, visti i contenuti, sono sembrate quanto meno fuori luogo.
Ora, in questo caso spesso la tentazione è quella di dare la colpa di queste scivolate allo stagista di turno. Non mi sono interessata sulle azioni intraprese dall’account e sul sito (se mai ce ne siano state) perchè non mi interessava urlare all’ennesimo epic fail, ma ragionare.
Il mio punto di vista è di estrema condanna per questi modi di fare comunicazione che reputo assolutamente superficiali e poco sensibili rispetto alle situazioni che dovrebbero raccontare e condividere con estrema delicatezza.
Quello su cui voglio riflettere oggi con te nasce dalla domanda che ti ripropongo e che mi rimbalza in testa: esiste un limite morale o è tutto lecito? Come potremmo limitare danni di questo tipo?
Sia ben chiaro che è una riflessione aperta nella quale mi ci metto fino al collo anche io perchè ogni singolo utente, sia che gestisca o meno fan page, è membro attivo della rete. Riflettiamo…
Rosa